La dislessia evolutiva è ormai diventata un problema mondiale, presente in paesi con linguaggi e sistemi grafici anche molto diversi tra loro. La sua prevalenza nelle diverse zone del pianeta è estremamente variabile, andando dall’1% in Egitto fino a punte del 20-25% in Brasile. Negli Stati Uniti fino al 10% dei bambini che vanno a scuola soffre di questa condizione clinica mentre in Italia i dati ufficiali parlano del 4.5%: circa 1 milione e mezzo di piccoli scolari.
E’ interessante considerare che nel 1969 la prevalenza della dislessia nel nostro Paese non superava l’1.3%: l’incremento di quasi tre volte e mezza nell’arco di quarant’anni più che da una effettiva crescita della condizione clinica deriva con tutta probabilità da una maggiore attenzione al problema. Ma ciò che più preoccupa è che solo il 20% dei pazienti è riconosciuto e seguito (fonte: AID).
Nonostante la sostanziale negatività del quadro funzionale ortottico e rifrattivo, una vastissima letteratura riporta la presenza di sintomi e segni visuopercettivi in molti pazienti: ne sono esempio la sensazione che le lettere e le parole si attorciglino tra loro, si sovrappongano, si muovano l’una rispetto all’altra e la confusione tra sillabe e tra lettere speculari come la p e la q o la b e la d.
Fermo restando che la dislessia evolutiva non è una condizione clinica di pertinenza oftalmologica ma neuropsichiatrica, logopedica e foniatrica, la necessità di un approccio interdisciplinare non può dunque fare a meno di considerare anche la funzione visiva.
Il bambino e la sua famiglia che si trovano ad affrontare questo disturbo intraprendono un iter lungo, difficile e alcune volte poco chiaro e rigoroso.
L’approccio rigoroso su cui si basa il protocollo Tetra, nato nel 1997 proprio per escludere, o confermare, l’aspetto visivo del DSA, è caratterizzato da identificazione, quantificazione e confronto con i normali.
Questi fondamenti servono a fare chiarezza e ad ovviare ad infondate segnalazioni di sospetta dislessia, sempre più frequenti, oltre che ad impostare l’iter riabilitativo, in maniera più mirata alla problematica esistente.
Per questo motivo, visto che è semplice e indolore, la famiglia può rivolgersi direttamente ad un Punto Tetra, o in alternativa può chiedere al professionista di riferimento di essere sottoposto ad esame delle alterazione visuopercettive, per verificare od escludere il coinvolgimento dell’ambito visivo nel disturbo di apprendimento.